La figura dell’Anticristo è presente, da quasi duemila anni,nella tradizione cristiana, come immagine potente del male travestito da bene, e quindi ancora più pericoloso perché ingannatore. Negli anni che hanno preceduto e seguito la spaccatura della società cristiana le accuse incrociate di essere l’Anticristo divennero un’abitudine: se i protestanti — e prima di loro gli spirituali e tutti i movimenti ereticali — lo vedevano incarnato nel Papa e nella gerarchia ecclesiastica, per i cattolici l’epiteto calzava perfettamente per Lutero. Per gli eretici, il tema dell’Anticristo si poneva in stretto collegamento con quello del millenarismo, cioè di una concezione del tempo che vede nell’età presente il momento finale della lotta fra il bene e il male, con la scontata vittoria del bene, se pure dopo molto dolore.
LʼAnticristo.
Era da tempo che non se ne parlava più come di una persona. Alì Agca ne ha evocato la presenza, ha detto che lʼAnticristo è vivo, che la gerarchia romana lo conosce: se ne parli, lo si additi, «cosicché lʼumanità possa ravvedersi ed affrontare meglio questo periodo della fine del mondo». Le parole del vecchio lupo turco, grigio di nome ed ormai anche di fatto, sono di quelle che nel bene o nel male lasciano il segno. È stata la morte di Suor Lucia di Fatima ad armare la penna di Alì, che in perfetto italiano, in una “lettera aperta al Vaticano”, ha esordito, bruciante: «Io esprimo il mio cordoglio per la morte della suora Lucia di Fatima. Il segreto di Fatima è collegato anche alla fine del mondo». La notizia, pubblicata in Italia il 20 febbraio, è rimbalzata immediatamente in tuttʼEuropa, provocando inevitabili malumori. La gerarchia ecclesiale non ha gradito: lʼAnticristo non esiste, è solo frutto di fantasia - si è affrettato a spiegare un altissimo prelato - tuttʼal più è una metafora del male, dellʼAntiuomo. Agca è solo un ignorante, un mitomane, ha aggiunto un altro porporato. Sulle ardite connessioni fra Fatima e lʼAnticristo, però, hanno sorvolato frettolosamente: su Fatima, la gerarchia evita sempre i confronti, prudente. Meglio spostare i riflettori su Agca, che in fondo è solo un uomo ossessionato da unʼazione più grande di lui; unʼazione che gli resterà a vita impressa nellʼanima: da quando in quel lontano 13 maggio del 1981 sparò su Giovanni Paolo II, la sua mente, scossa, è confusamente tormentata da fantasmi che non riesce a dominare. Fantasmi. Il segreto di Fatima, i segreti che Agca stesso non ha mai rivelato sulle ragioni dellʼattentato, lʼossessione di un uomo che si sente solo contro tutti, chiamato ad annunciare una verità che il mondo ignora: «Io, Alì Agca, non ho paura di essere maledetto dallʼumanità. Peraltro gli Ebrei definiscono Gesù di Nazaret come lʼAnticristo da duemila anni». Eppure parlare dellʼattentatore turco solo come di un mitomane rischia di essere riduttivo: Rosario Priore, il giudice che lo ha interrogato innumerevoli volte, lo descrive come «una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto». Dopo aver letto i proclami di Agca sullʼAnticristo, quel magistrato ha parlato di una manifestazione di «follia molto lucida» (la Repubblica, 20/2/05).