La vera Chiesa esorta al pentimento la falsa no. Un criterio infallibile per riconoscere gli autentici ministri di Cristo dai lupi travestiti da agnelli. La nuova religione del "Naturalismo radicale" dove la natura diventa dio
di Francesco Lamendola
In questi tempi di somma e rovinosa a confusione, quando i fedeli non sanno più chi siano i loro veri pastori, e se possono fidarsi di loro, c’è un criterio quasi infallibile per riconoscere gli autentici ministri di Gesù Cristo dai lupi travestiti da agnelli, e per distinguere la sua vera Chiesa dalla sinagoga di satana, meretrice e seminatrici di scandali, di bestemmie e di eresie:osservare se si predica il pentimento dei peccati, oppure no. La vera Chiesa sa bene che il pentimento è l’atto fondamentale mediante il quale l’uomo si pone nella giusta relazione con Dio: non a testa alta, non con orgoglio, non confidando nelle proprie forze ma con umiltà, con timore e con la piena coscienza della propria fragilità e della propria predisposizione al peccato, cioè alla concupiscenza. Il pentimento è il ponte che ristabilisce il rapporto fa l’uomo e Dio, turbato e interrotto dal peccato; senza pentimento, nessuna preghiera può salire fino a Dio, e, del resto, è ben raro che l’uomo rivolga a dio una preghiera, perché è dal pentimento che scaturisce la richiesta dell’uomo di essere restituito alla condizione originaria di figlio di Dio. La falsa chiesa, invece, non parla mai del pentimento, anche perché parla pochissimo del peccato, e, se pure ne parla, lo fa solo per assicurare – ingannevolmente – che non c’è peccato che non venga rimesso da Dio, e che l’amore di Gesù è così grande da abbracciare tutti i peccatori; dimenticandosi di specificare che ciò è vero solo se il peccatore si pente, non se rimane chiuso e ostinato nel suo rifiuto verso Dio.