XLIV Convegno annuale di “Instaurare omnia in Christo”. Intervista al prof. Miguel Ayuso.
Si è tenuto il 18 agosto scorso, presso il Santuario di Madonna di Strada a Fanna, il XLIV convegno annuale di “Instaurare omnia in Christo”, periodico cattolico diretto da Danilo Castellano, ordinario della facoltà di Giurisprudenza all’Università di Udine.
Tra i relatori era presente lo spagnolo Miguel Ayuso, presidente dell’Unione internazionale dei Giuristi cattolici, che ha tenuto una conferenza su “La matrice protestante della cultura politica e giuridica moderna”. Abbiamo rivolto al prof. Ayuso alcune domande circa il rapporto tra la figura di Martin Lutero e la modernità.
Pensando a Lutero, viene subito in mente la questione della libertà. Anzi del paradosso della libertà: perché mai la modernità ha posto la libertà al centro, dopo che Lutero aveva parlato di “servo arbitrio”?
Bisogna fare innanzi tutto una precisazione. Non credo sia corretto dire che, come spesso si sente, la modernità abbia utilizzato Lutero: la modernità è Lutero. E dunque senza Lutero non c’è modernità. Alle radici della modernità c’è Lutero. Secondo me, questa precisazione ha un certo rilievo, poiché riguarda proprio l’essenza della modernità. Cos’è successo? Penso che, da un lato, ci sia stata una certa “eterogenesi dei fini”. Qualche volta, cioè, sembra che un’idea dovrebbe portare a una conclusione e invece si arriva alla conclusione contraria. Credo però che questa spiegazione non possa bastare.
Si potrebbe dire ancora di più. Circa il “servo arbitrio”, c’è inoltre da considerare che il protestantesimo parte dall’annullamento dell’essere metafisico, dell’ordine, del creato. E quando ci liberiamo dell’essere, rimane la volontà pura: questa, in fondo, non riconosce limiti. Quella libertà negativa [libertà dalla legge naturale e soprannaturale, ndr], quindi, propria del pensiero ideologico moderno, scaturisce dalla distruzione dell’ordine, che è conseguente a una volontà senza limiti.